Oggi parliamo di make-up ribelle, un alleato e un simbolo di disobbedienza. Ecco come la bellezza si fa portavoce di protesta e ribellione.
Se parliamo di make-up ribelle non ci riferiamo solo a look ricercati ed eccentrici, ma parliamo anche di come i cosmetici siano spesso stati utilizzati come simbolo di ribellione e disobbedienza.
La storia del make-up dimostra che i cosmetici hanno spesso contribuito a definire lo status delle persone. Sono prodotti legati sì ad avvenimenti storici e alle tendenze del momento, ma sono anche strettamente connessi al corpo e alla personalità di chi li indossa. Sono simboli che permettono alle persone di svelare la propria natura, di sentirsi più belli o di lanciare un messaggio. Il make-up può essere potente, espressivo… In una parola, ribelle!
Insomma, un rossetto rosso, un taglio di capelli, un fondotinta possono trasformarsi in un simbolo di protesta e ribellione. Non ci credete? Ecco qualche esempio…
Il rossetto rosso delle Suffragette
Le donne che si battevano per il diritto al voto nel XIX e XX secolo decisero di utilizzare il make-up come simbolo tangibile di libertà e autodeterminazione. Se prima era considerato scandaloso per le donne della classe media mostrarsi in pubblico truccate, ora le Suffragette sceglievano di indossare il rossetto rosso in occasione delle loro marce di protesta per gridare al mondo la loro libertà d’azione e di pensiero.
E così il rossetto rosso, un prodotto che per tanto tempo era stato considerato appannaggio di streghe e prostitute, ora diventava un simbolo di potere e libertà.
La beauty revolution in Corea del Nord
L’utilizzo del make-up in Corea del Nord è un gesto di ribellione verso una dittatura che controlla anche l’estetica. Esiste infatti una guida statale approvata dal leader supremo della Repubblica, contenente le linee guida da seguire in materia di make-up, abbigliamento, acconciature e lunghezza dei capelli. Il rischio, per chi vìola le linee guida di apparizione, consiste nel pagamento di multe, nell’umiliazione pubblica o nell’arresto.
In questo caso si parla di make-up ribelle perché alcune persone si occupano del contrabbando di cosmetici, la cui richiesta è molto alta. I prodotti più ricercati sono sicuramente quelli sudcoreani, tra cui gli eye-liner e le maschere facciali.
Ma il contrabbando di cosmetici costituisce una minaccia al regime dittatoriale, che ha deciso di lanciare una linea di cosmetici nordcoreani, che resta comunque molto limitata e non ha nulla a che vedere con le solite linee che conosciamo nel resto del mondo.
In questo caso il make-up è un punto di partenza, soprattutto per le nuove generazioni che sono ormai coscienti di ciò che esiste al di fuori dalla Corea del Nord e che hanno sempre più voglia di scoprire il mondo e sentirsi liberi.
“Escape the corset” in Corea del Sud
Il make-up è un simbolo di ribellione anche quando non c’è! Ce lo dimostra il movimento Escape the corset, attraverso il quale le donne sudcoreane hanno deciso di ribellarsi al patriarcato del loro Paese e al trattamento profondamente sessista di cui sono vittime.
In una nazione che viene definita il “paradiso dei trattamenti di bellezza”, essere perfette è un imperativo. Seguire questi canoni di bellezza femminile costa alle donne tempo, sofferenza e denaro, e non attenua il loro senso di inadeguatezza e imperfezione.
Per questo motivo tante donne hanno scelto di liberarsi da queste costrizioni (paragonate, appunto, ad un corsetto), gettando via i prodotti cosmetici e dando vita ad una make-up routine più libera e autonoma, che riveli la vera natura di ciascuno di noi.